Le Regole di Comportamento da Adottare in Presenza di un Soggetto Retinopatico



        Le regole che vengono citate in questa sezione, sono da intendersi come puramente indicative e comunque rivolte ad un Pubblico che intenda instaurare e/o mantenere una relazione corretta e bilanciata con Soggetti affetti da Retinite Pigmentosa.
        Per “relazione” si intendono tutti quei rapporti di carattere lavorativo, amichevole, familiare o affettivo/sentimentale, che tengano a contatto un Retinopatico detto “Soggetto” con un Normovedente perfettamente a conoscenza della patologia dell’altro.
        Gli eccessi di attenzione spesso ingiustificati, così come pure lo sminuire o il nascondere a se stessi, agli altri e al Soggetto stesso le difficoltà del retinopatico da parte di chi vede bene, rendono spesso la relazione instabile e difficoltosa per entrambi i componenti. Si ricordi che la difficoltà più grande la vive il normovedente che si trova accanto ad un Soggetto retinopatico, in quanto non riuscirà mai a comprendere esattamente come, quanto e quando quest’ultimo sia in grado di vedere, di muoversi autonomamente e/o di svolgere attività apparentemente insvolgibili per il normovedente che osserva e sà della minorazione visiva del Soggetto stesso, pertanto solo un’intesa molto forte sostenuta da dialogo, complicità, comprensione, apertura mentale, intelligenza emotiva ed empatia potranno far mantenere un rapporto di intesa stabile, duraturo e soprattutto sereno tra le parti facilitando l’apertura del Soggetto verso l’altro ad esternare le sue difficoltà, le sue necessità e le sue sensazioni, e facendogli acquisire fiducia e stima nell’altro.
        Di fondamentale importanza per il normovedente è sapere e ricordarsi sempre che egli viene studiato, giudicato e messo alla prova continuamente dal Soggetto, il quale verifica se l’interlocutore “sano” possa essere adatto a svolgere il ruolo che ricopre al momento ed eventualmente in futuro, sia come collega di lavoro, che come amico o addirittura come compagno/a di vita. Non è infatti raro che sia il Soggetto stesso ad interrompere di sua iniziativa relazioni di carattere lavorativo, chiedendo ad esempio lo spostamento suo o del collega dal posto di lavoro pur di allontanarsene, o ad interrompere una relazione amichevole non ritenendo l’altro all’altezza, o molto più spesso di quanto si pensi, può accadere che tronchi una relazione sentimentale non sentendosi a suo agio con il partner, preferendo così una vita da single o rimettendosi in gioco con altri partners, piuttosto che subire passivamente l’incapacità di relazionarsi con se stesso da parte dell’altro.
        Si tenga presente che le affermazioni “migliore”, “peggiore”, “più facile”, “più difficile”, “pericoloso”, ecc. riferite ad un’azione da parte di un normovedente non sono in alcun modo applicabili al Soggetto retinopatico, datosi che il corretto svolgimento delle azioni da parte di quest’ultimo, dipende da condizioni luminose a lui favorevoli o contrarie, velocità di spostamento di persone o cose o dalla loro localizzazione, presenze di altra gente o altri oggetti nel campo visivo che possono creare confusione al Soggetto. Una condizione luminosa che può essere favorevole per il normovedente, può essere assolutamente avversa per il retinopatico (Es: una maggiore luminosità può migliorare la visione di un oggetto o di un volto da parte del normovedente ma può renderli letteralmente invisibili al retinopatico e viceversa).


        LE REGOLE

        ”IL SOGGETTO RETINOPATICO E’ UNA PERSONA COME TUTTE LE ALTRE”

        COSA FARE

        Considerare e trattare il Soggetto come una persona normale, si ricordi sempre che non è un alieno, ma una persona come tutte le altre e si tenga presente che quando deficita uno dei 5 sensi, gli altri quattro, insieme al cervello, arrivano in soccorso spontaneamente, e non sono rari i casi in cui un retinopatico possa percepire un pericolo ancor prima del normovedente che gli si trova accanto.
        Affrontare con estrema serenità e senza farsi tanti problemi l’argomento R.P. con il Soggetto e cercare di comprendere, nei limiti del possibile, quali siano le situazioni o le condizioni di luce a lui favorevoli e/o quelle che non lo sono a seconda delle varie situazioni che si vengono a creare condizionandogli stili di vita ed orari. Per fare un esempio, non è raro che un Soggetto prenda appuntamento dal dentista, o da qualsiasi altra parte, sempre nel pomeriggio per non trovarsi sotto la luce “accecante” del sole di mezzogiorno e/o nel “buio” del post-tramonto. Come questo ci sono una marea di escamotage che il Soggetto utilizza normalmente nella vita quotidiana senza che gli altri se ne avvedano minimamente. L’affrontare l’argomento R.P. serve a far acquisire fiducia da parte del retinopatico verso voi stessi e a scongiurarne il suo allontanamento da voi per sfiducia.
        Stimolare il Soggetto a svolgere autonomamente le attività quotidiane, sia esse in campo lavorativo quali utilizzare il computer, fare telefonate, fare fotocopie, ecc., che quelle nell’ambito domestico, quali cucinare, apparecchiare, rigovernare la cucina, fare il o i letti, riordinare i propri indumenti, fare le pulizie, ecc., quando non sia lui stesso a prendere l’iniziativa in merito. Si tenga presente che vi sono non vedenti totali dalla nascita che vivono da soli, escono a fare la spesa, tengono la casa in perfetto ordine e pulizia e il sabato sera invitano amici a cena dopo aver cucinato.
        Quando non è il Soggetto a farlo, coinvolgerlo in tutte le decisioni di carattere lavorativo, invitandolo ad esempio alle riunioni, o di tipo domestico riguardanti l’educazione dei figli, le burocrazie riguardanti la famiglia e la casa, gli acquisti e le vendite, ecc.
        Se si pensa che il Soggetto abbia bisogno di aiuto in una determinata circostanza, chiedere a lui se necessiti di sostegno prima di prendere qualsiasi iniziativa.
        Proporre al Soggetto di svolgere attività usuali per un normovedente, sempre nei limiti delle sue possibilità. Si ricordi che non a caso esiste il “Diritto alle Pari Opportunità” riconosciuto dalla Legge e che tali decreti non a caso tutelano, garantiscono e stimolano i diversamente abili a svolgere le stesse attività offerte ai normodotati.


        COSA NON FARE MAI

        Se non vi è um’intesa più che consolidata tra voi ed il retinopatico, prendere l’iniziativa aiutando il Soggetto senza che lui ne abbia fatta espressa richiesta, pertanto chiedere sempre prima se necessita di aiuto e solo in caso affermativo procedere chiedendo prima a lui in che modo operare.
        Dare indicazioni o consigliare al Soggetto su cosa sia meglio che egli faccia e/o cosa sia meglio per lui evitare di fare per la sua sicurezza e quella degli altri. Tale comportamento scorretto a lungo andare logorerà il vostro rapporto col Soggetto stesso, il quale farà di tutto per farvi indispettire ed allontanarvi da lui. Il concetto che il Soggetto ha problemi di vista e non di cervello deve entrare bene in testa a chi intende o ha necessità di relazionarsi con un retinopatico.
        Trasferire al Soggetto le proprie paure ed i propri stati d’ansia. Si ricordi che il Soggetto vive suo malgrado un rapporto con se stesso e con l’ambiente che lo circonda comunque diverso da quello che vive un normovedente, pertanto riflettere su di lui le proprie paure che non lo riguardano in prima persona serve solo a fargli perdere fiducia nell’interlocutore e ad allontanarlo da quest’ultimo.
        Dire al Soggetto “non capisco perché a volte vedi e a volte non vedi”, o frasi del tipo “vedi solo quello che ti fa comodo vedere…”. Il Soggetto vede quando e quello che vede e non prende in giro nessuno fin quando non si rende conto che non avete un atteggiamento corretto nei suoi confronti, a quel punto vi prenderà in giro veramente e sarete voi ad aver perso la sua fiducia e la sua stima e sarà impresa ardua recuperarle.
        Parlare del Soggetto in sua presenza in 3° persona ad altri interlocutori (Es.: “fallo sedere lì”), il Soggetto è una persona e non un pacco postale, pertanto rivolgetevi sempre direttamente a lui in prima persona “es.: siediti lì”.
        Dire al Soggetto “…poi tu come fai se andiamo lì?…”, se si pensa che non sia in grado di fare una certa attività. Affrontare l’argomento con serenità senza far pesare il proprio stato d’animo e le proprie ansie, anche perché spesso il problema se lo pone il normovedente e non il Soggetto, il quale conosce perfettamente i suoi limiti e non ha bisogno che qualcuno che non li conosce affatto glieli ricordi o gli faccia lezioni a riguardo.
        Lamentarsi con il Soggetto perché non ha salutato una certa persona che conosce benissimo che si è incontrata lungo la strada. Il Soggetto non và considerato un cafone pertanto se lo fate sentire tale perderete la sua fiducia e la sua stima. Occorre tenere ben presente il concetto che se conosce benissimo una persona che non ha salutato si presume che anche quest’ultima conosca benissimo lui, pertanto sa del problema di vista e non ci sarà alcun equivoco né per il Soggetto né per chi si è incontrato.
        Sollecitare il soggetto di fronte ad un bambino a fare attenzione a quest’ultimo. Si ricordi che il Soggetto non è un imbecille, mentre il bambino recepisce solo lo stato d’ansia ingiustificato di chi sollecita l’attenzione, ma non ne comprende la motivazione facendosene un senso di colpa lui stesso. In un colpo solo avrete fatto due danni... Piuttosto quando sarete tutti e tre assieme intraprendere il discorso con il bambino spiegandogli la situazione, e magari, se molto piccolo, narrandogli una favola assimilabile alla realtà, i bambini capiscono molto più di quanto si possa immaginare.
        Se non strettamente necessario, e quindi in caso di pericolo imminente, segnalare con gesti più o meno occultati la disabilità del Soggetto che si trova con voi ad interlocutori ignari della situazione. Sappiate che il Soggetto senza che voi ve ne accorgiate si renderà perfettamente conto di tutti i vostri gesti, quindi evitateli accuratamente, mentre, sarà lui stesso a segnalare, se necessario, le sue difficoltà e/o necessità a voi o all’ignara terza persona.
        Spostare oggetti personali lasciati dal Soggetto su tavoli, comodini, pavimenti, ecc. senza che egli ne venga preventivamente informato, nel caso necessiti rimuovere tali cose il giusto comportamento è di proporre al Soggetto di farlo lui stesso. Le cose sono le sue e le mani gli funzionano benissimo.
        In casa lasciare sedie fuori posto o cassetti aperti, lasciare temporaneamente oggetti sul pavimento quali secchi, spazzoloni, palette, cavi elettrici, ecc. senza averne preventivamente informato il Soggetto.
        Farsi chiedere in più occasioni dal Soggetto di svolgere una certa attività per o con lui, quali leggergli un foglio in ufficio, il nome su un citofono, il menù al ristorante, i sottotitoli di un film, ecc.. Si ricordi che mentre ci sono cose che il Soggetto può svolgere autonomamente anche se impensabili per il normovedente invece ve ne sono altre che da solo gli sono precluse sempre e comunque, pertanto il menù al ristorante non lo leggerà mai e prendere l’iniziativa in questi casi servirà a fargli sembrare la vita più normale, mentre farvelo chiedere continuamente lo farà sentire di peso. Questa è una considerazione che vale per l’umanità intera anche nei rapporti tra normodotati ovviamente, infatti quando esiste una relazione di qualsiasi tipo sapendo la necessità, il desiderio di una persona della vostra disponibilità è buona regola agire di conseguenza per la buona riuscita del rapporto, ma nel caso di soggetti retinopatici la cosa è diversa, infatti quest’ ultimi già sanno che certe cose non le possono fare, pertanto si sentono di peso, e a seconda delle stimolazioni, delle esperienze vissute, del carattere e/o dei momenti che vivono possono tendere alla depressione, quindi non chiedere più niente in una sorta di rassegnazione totale, o al contrario, quindi nei caratteri più esuberanti e più autonomi, vedendo passività da parte del normovedente che gli si trova accanto, possono liberarsi del problema evitando il contatto o i rapporti con il normovedente stesso o affrontando le cose da soli o rivolgendosi altrove.