Come Vede un Retinopatico ?
Non è assolutamente una cosa semplice descrivere come un
ipovedente retinopatico vede una qualsiasi cosa.
Si deve considerare che chi è affetto da Retinite Pigmentosa, proviene
generalmente da un discreto residuo visivo, e datosi che l'evoluzione della
malattia, pur non avendo un decorso uguale per tutti è generalmente lento, il
cervello si abitua a compensare le mancanze visive attraverso l'esperienza
acquisita fino a quel momento.
Basti pensare che una qualsiasi
persona, sia essa normovedente, ipovedente, o normovedente, ad occhi chiusi
pensa alla parola "tavolo", immagina subito un ripiano con quattro zampe che lo
sostengono, e magari pensa al tutto di colore marrone. In realtà non ha visto
assolutamente nulla, ma l'esperienza ha fatto sì che al vocabolo "tavolo" il
cervello abbia associato l'immagine, anche se generica, di un ripiano con
quattro zampe. Questo nel malato di R.P. avviene anche quando questi si trova ad
occhi aperti.
E' quindi sufficiente intravedere il
famoso ripiano marrone per costruirlo mentalmente tutto, aggiungendogli anche le
zampe secondo un criterio ovviamente standardizzato, pertanto una volta "visto",
sarà però impossibile ricordare se le zampe erano tonde, quadrate, o lavorate,
datosi che non sono state viste effettivamente. Altra cosa può essere quella che
una volta ricostruito, non ci si renda conto che sopra di esso ci possano essere
ad esempio un bicchiere o una bottiglia.
Il problema di rendersi o non
rendersi conto della presenza del bicchiere sul tavolo non comporta rischi seri,
ma se pensiamo ad una strada, ci rendiamo conto che vedere un'automobile che
sopraggiunge diviene fondamentale.
Molto spesso il vero problema è
proprio quello che il retinopatico si sente sicuro di se, forte del fatto che
l'abitudine e l'esperienza lo aiutano continuamente in tutte le attività
quotidiane, supplendo alla mancanza della vista anche con gli altri sensi,
mentre invece l'imprevisto è sempre in agguato, e sia l'esperienza che gli altri
sensi in quel caso possono aiutare sì, ma fino ad un certo punto. Il recepire il
rombo di un'auto in arrivo, ad esempio, può farne individuare la direzione della
provenienza, ma non sempre permette di calcolarne l'esatta distanza, nonché la
velocità da chi ne sente il motore.
A tutto ciò vanno sommate le
difficoltà provocate dall'abbagliamento dovuto a fonti luminose e quelle
presenti nella visione crepuscolare (emeralopia), che a mio avviso possono
essere entrambe considerate cecità totale anche se causate da situazioni
luminose opposte.
L'esperienza, la sicurezza nei
movimenti e l'autosufficienza pressoché totale che contraddistinguono un
retinopatico, fanno spesso pensare a chi non lo conosce o addirittura a chi lo
conosce e sa della patologia, di trovarsi di fronte ad un normovedente, forse un
pò distratto, ma pur sempre una persona che ci vede piuttosto bene. Come
distrazioni vengono considerati alcuni atteggiamenti che si possono verificare
da parte del retinopatico in questione, come il fatto di incontrarlo per la
strada e non vederlo mai salutare il vicino di casa che conosce benissimo. Se lo
osserviamo nel suo ambiente più familiare come la propria abitazione
considereremo distrazione il vederlo urtare una sedia lasciata fuori posto o un
cassetto dimenticato aperto. Tutti questi comportamenti e situazioni che si
vengono a creare non contribuiscono a far socializzare il soggetto con il mondo
circostante, e un pò il rifiuto della malattia che contribuisce a farlo
rinchiudere in se stesso un pò questa aria di scorbuticità magari solo
apparente, e comunque le effettive difficoltà che vive la persona sia esse
palesi che occultate possono favorirne l'isolamento, e rischiano di farlo finire
in depressione come spiega meglio la mia ex moglie nella sezione "Aspetti
Psicologici della Retinite Pigmentosa".
POSSIBILE EVOLUZIONE DELLA PATOLOGIA