Aspetti Psicologici della Retinite Pigmentosa



       
La Retinite Pigmentosa, è una patologia genetica dege-nerativa altamente invalidante, che ha grosse ripercussioni so-ciali e di relazione da parte dell’interessato e/o di chi gli si tro-va vicino, sia esso parente, amico o conoscente.
        Quando questa malattia emerge nell’infanzia, diviene fondamentale il ruolo dei genitori, i quali devono riuscire ad accettare loro stessi la patologia per poi far condurre una vita “normale” al loro figlio senza farlo sentire differente dagli altri. Questa non è una cosa semplice da attuare, infatti spesso la normale attenzione dei genitori nei confronti dei loro figli, an-cor di più se affetti da R.P., si trasforma in iperprotettività met-tendoli in una sorta di “gabbia dorata” e non favorendo la so-cializzazione di questi con i loro coetanei; tutto questo si riper-cuote negativamente al momento in cui questi dovranno affron-tare da soli le difficoltà della vita trovandosi improvvisamente “diversi” dagli altri, cadendo molto spesso nella depressione. Atteggiamento di altri genitori, può essere quello di nascondere al figlio la patologia fin quando questo non cresce e capita che lo venga a scoprire da solo e ciò avviene quasi sempre quando egli si trova nella fase adolescenziale, fase già difficile di per sé, dove il giovane perde la fiducia nei confronti dei genitori a causa del fatto che gli hanno nascosto la patologia.
        Altra situazione, è quando la R.P. viene diagnosticata in età più avanzata. Qui si può notare la differenza tra chi è cieco fin dalla nascita, il quale pur rendendosi conto che esiste una percezione sensoriale a lui sconosciuta, non vive questa man-canza come una privazione affrontando la sua vita sociale e re-lazionale nella più totale “normalità”. La diagnosi di R.P. fatta ad un adulto, anche con un buon residuo visivo, suona come una sorta di condanna alla cecità senza possibilità di appello. L’impatto con questa nuova realtà, può produrre atteggiamenti che vanno dalla depressione all’isolamento, all’abbandono del posto di lavoro e addirittura alla rottura di legami affettivi con-solidati in precedenza, mentre all’opposto può provocare la ne-gazione della patologia facendo finta di niente, mettendo a ri-schio se stesso e gli altri ad esempio continuando a guidare l’automobile. Non mancano le persone che si aggrappano ad illusioni, ricorrendo a numerosi “viaggi della speranza”, illu-dendosi di trovare soluzioni al problema, invece questi sono fonti di delusioni continue, portando la persona ogni volta ad un senso di frustrazione sempre più accentuato.
        La vita psicologica del retinopatico è scadenzata da al-cune situazioni che gli ricordano il suo handicap; alcuni di que-sti momenti critici possono essere quando ad esempio, nella fa-se adolescenziale, non esce la sera con gli amici perché si ver-gogna di chiedere il posto più illuminato in pizzeria, o di farsi aiutare all’entrata del cinema, ecc.; mentre nella fase adulta questi avvenimenti li possiamo individuare quando smette di guidare, quando non riesce più a leggere, quando arriva il mo-mento di essere accompagnato nei suoi spostamenti, ecc.. Queste situazioni, possono condizionare fortemente la vita di relazione del soggetto con gli altri, arrivando a farlo sentire non più in grado di tutelare la sua famiglia e ad essere di peso per quest'ultima, creandogli, in alcuni casi, un isolamento dal mondo esterno, e quindi ciascuno di questi momenti può essere la scintilla scatenante dell’insorgenza della depressione.
        Altro problema è quello dei familiari di quest’ultimo, i quali possono rapportarsi alla patologia del congiunto in modi differenti; infatti anche nel caso dei parenti o amici, ci sono comportamenti che vanno dall’iperprotettività, tipico dei geni-tori, al rifiuto della patologia, avendo raramente un approccio corretto e bilanciato con le situazioni che si vengono a creare.
        La scoperta della R.P. è sempre e comunque un trauma per tutto il nucleo familiare. La presenza di uno psicologo e-sperto in disabilità visive al momento della diagnosi può aiuta-re sia l’interessato che i suoi familiari a superare lo shock ini-ziale. Inoltre, lo psicoterapeuta può aiutare il nucleo familiare quando compaiono le problematiche di vita quotidiana sopra esposte.


Dott.ssa Francesca Ruiz
Psicologo Psicoterapeuta Familiare Relazionale e Grafologa